Venerdì 25 novembre si è tenuta allo IED di Milano Librinnovando, una giornata sull’editoria digitale e il libro elettronico. Gli spunti offerti sono stati davvero molti e ringraziamo gli organizzatori Nicola Cavalli e Marco Giacomello. Numerosi gli incontri con quanti di voi frequentiamo “in virtuale” (via blog, Twitter e Facebook) e lì abbiamo invece potuto vedere di persona. (Non con tutti siamo riusciti a scambiare qualche parola, il tempo è infatti volato interamente nei lavori e nessuna pausa caffè – ahimé – è venuta in soccorso, permettendo una sosta distensiva, social di pura conversazione.)
Se qualcuno ha partecipato alla giornata e vuole condividere le sue considerazioni, sapete bene che lo spazio dei commenti è a vostra disposizione; così è anche per chi ha seguito le sessioni in streaming.
Per il momento cerchiamo di ricostruire, a ritroso, l’intervento che abbiamo presentato nella sessione Contenuti & Contenitori: l’evoluzione dell’eBook e nuovi contenuti editoriali. (La ricostruzione sarà fedele quanto la nostra memoria ci permette, e in Rete troverete tra breve materiali audio e segnalazioni che di certo ci smentiranno. 😉 Comunque ecco quanto abbiamo detto, o al più intendevamo dire.)
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Inizio con l’affermare che siamo stati fortunati ad assistere in questa sessione alle presentazioni delle App di Elastico App e di Jekolab, che riservano molta importanza al contenuto e a funzionalità interattive che danno al libro digitale un valore aggiunto rispetto alla carta. In verità, se torno al titolo della sessione Contenuti & Contenitori, a me sembra che in questo momento in editoria il discorso sia nettamente spostato sui contenitori.
Perché quando si parla di contenuti si intende un concetto e uno solo, cioè il contenuto da veicolare, quando invece si parla di contenitori si intendono due concetti insieme e diversi, cioè il contenitore inteso come formato (il software) e il contenitore inteso come lettore del contenuto ovvero l’ereader (l’hardware).
Quindi vedete che sul piatto della bilancia pesano più le preoccupazioni e le attese intorno ai contenitori, piuttosto che ai contenuti. E questo dipende dal fatto che oggi siamo nel momento insieme fortunato ma anche sfortunato in cui non esiste uno standard tecnologico definito, né di formati, né di tecnologia degli ereader.
Tanto per intenderci, noi di eBookReaderItalia.com seguiamo la tecnologia dei lettori a inchiostro elettronico, ma consapevoli del fatto che lo standard tecnologico non c’è ancora. Tant’è vero che un editore che debba scegliere di fare investimenti può essere indeciso tra i tablet a colori e gli ereader. Due tecnologie diversissime tra loro. Fino a quando gli ereader e-ink non avranno il colore (è di questa settimana la notizia dello schermo a colori Mirasol sull’ereader coreano Kyobo) o non sarà risolta la possibilità di girare contenuti multimedia capite che ogni mossa editoriale può rivelarsi difficile.
Quindi vedete anche come per l’editoria la situazione diventi piuttosto “strabica” perché le proposte di tecnologia, sia formato o sia ereader, sono tra loro davvero diverse e sceglierne una comporta imboccare una direzione molto netta (anche a livello di investimenti, certo).
Insomma, il momento è fortunato perché il paradigma del libro elettronico è tutto da inventare, quindi vale sperimentare e progettare; ma proprio perché non c’è un paradigma, un modello, il momento può rivelarsi anche sfortunato, perché rischioso.
Ma torniamo al titolo del mio intervento, Lanciare un monito(r) alle redazioni, nel quale una erre tra parentesi distingue due parole diverse, monito da monitor. Il titolo suona insieme severo e scanzonato, e infatti dobbiamo Lanciare un monito, cioè essere severi, prendere sul serio l’editoria digitale che trasforma il nostro lavoro, ma insieme Lanciare un monitor giù dalla scrivania (figurativamente parlando, s’intende!), cioè fare spazio a nuovi strumenti di lavoro (i tablet, gli ereader) e comunque reimparare a usare il pc.
Il monito indirizzato alle redazioni, o meglio una serie di suggerimenti, in verità riguarda le redazioni, sì, ma anche quanti lavorano in editoria, i responsabili editoriali, quanti hanno responsabilità decisionale, cioè chi in editoria fa strategia sui contenuti. Riguarda chi di voi lavora in una software house, in un service editoriale, è un monito rivolto a noi che lavoriamo nella filiera editoriale, cartacea o digitale che sia.
E’ davvero seriamente il momento di interrogarsi su che cosa avviene nella filiera editoriale ora che il digitale è entrato a tutti gli effetti nel flusso produttivo, che insomma non c’è più tempo da perdere.
Il suggerimento riguarda quindi un cambio di mentalità e di lavoro: iniziare a progettare il libro sapendo già che il prodotto dovrà ramificarsi in altri prodotti multimediali, il progetto editoriale è fin da subito cross mediale. Abbiamo visto già con le presentazioni delle App, che l’editor diventa un “regista multimediale”, non è più solo un redattore.
Progettare in modo cross mediale significa anche capire che devo usare linguaggi diversi. Se io uso un altro medium sono tenuto a conoscere il linguaggio di quel medium. Invece in editoria spesso ci si rapporta ai diversi media come se tutti parlassero lo stesso linguaggio, senza porsi problemi di fruizione, di impatto sul lettore.
E’ come se una trasmissione radiofonica io la volessi trasmettere in tv così come è confezionata per la radio, solo con sonoro senza immagini: il parallelo è evidente, non posso riutilizzare materiali a stampa per veicolarli sul web in blog, in forum, non hanno lo stesso linguaggio.
Il passaggio al libro elettronico deve avvenire se la tecnologia dà un valore aggiunto al libro.
Porto l’esempio di certi reference che ho visto pubblicati in ebook: libri di consultazione che offrono in digitale 1000-1200 pagine senza magari interrogarsi su come queste pagine su un ereader saranno consultabili. Se voglio consultare una voce ma non so a che pagina sia o se pure so che si trova a pag. 700 dovrò forse sfogliare l’ebook fino a pag. 700?!
Ecco, in questi casi la tecnologia del libro di carta manifesta la sua netta superiorità rispetto a un file di 1000 pagine che non può essere fruito con la stessa versatilità.
Allora il monito è “fare sistema” perché il contenuto emerga rispetto al contenitore. Intendo dire che i vari professionisti devono fare il loro lavoro sapendo che sono interconnessi ad altri professionisti e che nessuno si può sostituire all’altro: un redattore potrà parlare un linguaggio un po’ più tech ma per quanto si informatizzi non potrà né fare il lavoro dei grafici né fare il lavoro degli sviluppatori; così una software house potrà lavorare nel campo del libro elettronico ma non potrà sostituirsi al lavoro del redattore.
Altrimenti ci troveremo tutti a produrre ebook disfunzionali agli obiettivi che ci eravamo proposti.
Come redattori dobbiamo Lanciare un monitor giù dalla scrivania, cioè costruirci una nostra “scrivania digitale”, fatta di altri strumenti di lavoro.
Sicuramente non possiamo usare il pc ancora come Desk Top Publishing (DTP), come “editoria da scrivania”, che a partire dall’inizio degli anni Novanta ha rivoluzionato il mondo della carta stampata. Oggi viviamo il pc più come una finestra sulla Rete e spesso proprio dalla Rete arrivano le risposte che cerchiamo per risolvere certi dubbi sul lavoro, la Rete ci permette di entrare in contatto con altri professionisti e con risorse che prima non avevamo a disposizione.
Si diceva prima che il libro di testo è diventato un ambiente didattico, ecco ormai quella che abbiamo fin qui chiamato “filiera” editoriale è diventata ogni giorno di più un “ambiente” editoriale, un ambiente interattivo, un ambiente di condivisione.
Chiudo facendo un esempio di uno strumento di settore che si può consultare on line. Un professionista dell’editoria – sia un redattore, un uomo del marketing o uno stratega editoriale – dalla propria scrivania digitale può già fare studi di settore semplicemente navigando, può procurarsi dati in un attimo, rispetto a prima.
Dicevo un esempio, e cito il nostro comparatore dei lettori ebook di eBookReaderItalia.com. Intanto per quanti sostengono che l’ebook è un mercato ancora di nicchia vi faccio notare che nel comparatore sono caricati i più importanti dispositivi ereader a inchiostro elettronico e ne contiamo ben 29 (è vero che nel novero vi sono anche modelli annunciati dai produttori e poi mai usciti, e che forse non usciranno, tipo lo Skiff). Il comparatore lo trovate qui, è una risorsa per confrontare i vari ereader e decidere quale acquistare, ma pensate se lo usasse per strategia editoriale qualcuno che compara i modelli per un progetto ben preciso, per scegliere magari il device da destinare a una sperimentazione: è una miniera di dati già tutta pronta, gratuita, affidabile e aggiornata.
E parlando di ebook non stiamo parlando di un mercato di poco conto. I dati AIE presentati a ottobre alla Buchmesse di Francoforte parlano chiaro: in Italia l’ebook rappresenta 1,5 milioni di euro mentre il mercato editoriale è sui 3,4 miliardi di euro, quindi l’ebook è lo 0,04% del mercato editoriale. Alcuni potranno dire che è piccola cosa, ma quel che conta è il dato di crescita annua che si attesta tra il 100% e il 166% annuo. E il dato è da raffrontare con quello del mercato editoriale che segna invece -4 punti percentuali.
Anche su questa base di dati un editore può decidere di investire, pur consapevole del fatto che lo standard tecnologico è ancora tutto da definire e quindi si dovrà muovere tra tablet e inchiostro elettronico.
Ottima sintesi. Mi permetto di dire che i presenti a LibrInnovando sono stati fortunati ad assistere non tanto alla presentazione delle due app che citi quanto alla spiegazione del processo creativo e fattuale che ha infine portato alla loro commercializzazione.
Credo sarà inevitabile un lungo periodo di ebook disfunzionali – ti avverto utilizzerò questa tua definizione appena ne avrò l’occasione 🙂 – ma negli ultimi anni del Quattrocento l’atmosfera nelle prime tipografie non doveva essere tanto distante da quella attuale: frizzante!
luca (aka @lukealb , vero?), certo che puoi usare la definizione di “ebook disfunzionali”, purché nel farlo mi citi! 😉
sì, credo anch’io – benché molti sembrino non accorgersene – che siamo dei nuovi piccoli gutenberg del digitale. c’è molto lavoro da fare, ma come dici tu è anche tanto entusiasmante. 🙂
Pingback: Librinnovando: investire, innovare, promuovere. Ma chi paga il conto? « Maria Cecilia Averame
Concordo, ebook disfunzionali suona davvero bene 🙂
Colui che tu chiami “regista multimediale”, un redattore/editor evoluto, noi l’abbiamo chiamato “metaredattore”, termine coniato dal Vigiani durante il corso dell’Unituscia che ci è sembrato perfetto.
La questione contenuto-contenitore è complessa, da parte nostra abbiamo cercato di superarla fondendo le due cose. Infatti dopo che un collega, in una conversazione privata, ha definito DidaSfera “sistema di upload e download di contenuti” evito accuratamente di chiamarla “piattaforma” perché mi rendo conto che siamo abituati a vedere piattaforme che per quanto diverse fra loro, altro non sono che quello, repository, contenitori, sistemi di upload e download.
Secondo noi il futuro, specialmente per la scolastica, è ancora oltre. Per quello DidaSfera non è considerabile come una piattaforma, ma è più corretto definirla ambiente di apprendimento, perché i contenuti sono fusi con la struttura stessa che li contiene e con gli strumenti di vario genere (personali, didattici, social) che offre. Non solo, sono in qualche modo il riflesso della non filiera che li produce, come spiegato nel mio post dedicato.
La tua frase “Si diceva prima che il libro di testo è diventato un ambiente didattico, ecco ormai quella che abbiamo fin qui chiamato “filiera” editoriale è diventata ogni giorno di più un “ambiente” editoriale, un ambiente interattivo, un ambiente di condivisione.” è talmente calzante da farmi venire il dubbio che stessi parlando di noi 😀
e sia, noa, se la definizione vi piace facciamola nostra: “ebook disfunzionali”, quando un digitale tradisce le promesse, diciamola così (e fa quasi rimpiangere la carta). 🙂
riguardo a DidaSfera – pur avendone notizia solo attraverso i tuoi post, ma conto prima o poi di entrarvi “a curiosare” e saperne di più – puoi anche indicare un link, eccolo //noa.bibienne.net/2011/10/29/didasfera-quarto-post-una-struttura-metastabile/
ti assicuro che il tuo discorso nel quale ai contenuti organizzati a “filo d’Arianna” sostituisci una struttura contenutistica sul modello della “tela di Aracne” mi ha riportato in vita. l’apprendimento penso anch’io che abbandoni ormai il lineare per un percorso a ragnatela, la gerarchia a favore del link.
anche se ogni tanto mi viene da pensare che in questa nostra epoca new age e con poche basi filologiche tutto ciò possa divenire scolasticamente un grande pericolo di approssimazione. tu come lo risolvi il problema? è tutto demandato a un docente demiurgo o lo studente può costruirsi in autonomia un suo senso critico nello studio?
🙂
credo che lasciare che lo studente si costruisca un senso critico… sia una pericolosa utopia.
Preferisco credere a quella che molti sostengono essere un’altra utopia, e cioè che ci siano insegnanti che hanno voglia di spendersi per accompagnare i ragazzi in un percorso di costruzione.
Non so se con questo rispondo compiutamente alla tua domanda, ma gli strumenti che DidaSfera mette a disposizione giocano su più livelli, e propongono comunque dei percorsi “precotti”, lasciando libero l’insegnante di organizzarne di nuovi e/o di incentivare una ricerca individuale. Dall’insegnante non si può prescindere, anzi credo che su DidaSfera non si possa prescindere dal BUON insegnante 🙂
noa, grazie per questa idea di didattica. la scuola italiana ne ha bisogno. 🙂
Pingback: Ebook: investire, innovare, promuovere. Ma chi paga il conto? – Nazione Indiana
Da quando lavoro per BBN come direttore editoriale, mi sono interessato molto poco di contenitori e quasi esclusivamente di contenuti :-). Ma cosa sono i contenuti? Nel tuo post si parla genericamente di e-book, ma la casistica ci impone di specificare con chiarezza sia il genere testuale di cui si parla che il target degli utenti a cui ci si rivolge. E di questo non c’è traccia. Se parli di “letteratura”, allora torniamo al libro cartaceo, perché non c’è niente di meglio, nelle sere invernali, che un buon libro, un bicchiere di whisky e un sigaro davanti al caminetto. Se invece pensiamo a testi da consultazione – scientifica, didattica, professionale – allora il discorso ci riguarda da vicino. Ed è qui che il buon editore digitale deve aguzzare l’ingegno, pensando sinergeticamente a contenitori che veicolino nel modo più pertinente possibile testi sciolti in un ambiente complesso e multidirezionale, aperto cioè all’esterno (nella rete) e all’interno di un laboratorio in progress nel quale editore, autori e lettori convergono in un processo continuo di scambio. Non so se mi spiego.
In poche parole: raccolto il Monito (il monitor me lo sono appena comprato), e rilancio: avete pensato a quali testi pensare?
buongiorno maurizio, volutamente nel mio intervento non delineavo un contenuto in particolare, per non ancorare troppo il discorso a un genere, escludendo magari editori presenti a Librinnovando che si occupavano di altro.
certo, per mia esperienza, ho più presente l’ambito della scolastica e quindi di reference, libri di consultazione, libri di testo (anche universitari, di cui poco si parla citando gli ebook e che invece avrebbero ampi margini di crescita). ma sai, non escluderei per nulla la narrativa, perché per certi classici che stentano a trovarsi in libreria per paginazioni alte (dunque non prodotte dagli editori perché considerate antieconomiche)ci si potrebbe invece rivolgere all’ebook: fare uscire il titolo con costi minori, renderlo disponibile al pubblico in barba a ogni calcolatrice che si intromette e fa cadere nell’oblio quel contenuto.
il ns blog per ora non si è mai occupato di diventare editore in proprio, quindi per ora parliamo di contenuti di altri, e anche di contenitori. 🙂 buon lavoro.
Leggo e seguo con interesse questa discussione. Concordo con l’autore del post sulla necessità e l’urgenza effettiva da parte delle redazioni dotarsi di strumenti editoriali idonei.
L’ebook sta portando una rivoluzione del mondo di presentare un libro e del mondo di fruirlo. Credo che la questione e la discussione più importante debba giocarsi sulla necessità di dare “forma” ad un settore ancora così fluido e dalle prospettiva infinite.
Gli ebook, gli enhanced eBook sono esempi di come la storia sia ancora tutta da scrivere. Per questo motivo (sono d’accordo con l’autore e lo ringrazio per la definizione) se non riusciremo a definire la forma desiderata e non saremo in grado di farlo se non in funzione di ciò che vogliamo raccontare al lettore, gli ebook saranno “disfunzionali”.
Quindi, quale “forma” per l’ebook?
ciao alessandro 🙂 penso che la forma da dare all’ebook non possa essere univoca, ogni titolo esige forse soluzioni che per un altro libro elettronico non darebbero “quel di più”.
sta al progettista editoriale decidere la forma tenendo conto che quel che ha il primato è la lettura (insomma, se lo leggo meglio su carta è perché sotto non c’è stata una buona progettazione editoriale e quindi la forma per quanto softweristicamente evoluta non ha aggiunto nulla).
Certamente. Concordo con te. Credo soltanto che sia necessario in questa fase affinare gli “strumenti”, definirli per poi poterli usare propriamente come tu giustamente reclami.
Per questo credo che i blog, gli eventi come librinnovando e le discussioni intorno a questi temi non possono che aiutare nella definizione di questi strumenti.
sì, confrontarsi è importante per definire strumenti: purché diano il primato al contenuto. altrimenti sono fini a se stessi e si finisce per parlare solo più di tecnologia (e la conoscenza tecnologica, sai, è un tipo di conoscenza che invecchia in un baleno!).
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